*Le serenate che contavano, quelle che assolutamente non dovevano mancare ad una ragazza, erano cinque: la serenata di Sant'Eustachio, la serenata dei fiori, la "spartenza", la serenata delle calzette e, ultima, ma senz'altro la più importante, la "penesella", che si cantava sotto la finestra degli sposi la sera delle nozze.

Eustachio non aveva avuto modo di "portare" a Tecanera la serenata delle calzette, ma desiderava ad ogni costo di non lasciare questo vuoto nella felice storia del suo breve fidanzamento.

Con la massima circospezione e raccomandando che la cosa non giungesse agli orecchi di lei, prima di partire per la Puglia, s'era messo d'accordo con alcuni amici che avrebbero passata l'invernata a Scanno e, puntualmente, all'ora stabilita, sotto le finestre dell'ignara Tecanera, risuonò, assordante e stonato, il canto che a suo nome, le chiedeva regali sostanziosi e mangerecci. Perché la serenata delle calzette era tutta qui: chiedere alle ragazze doni commestibili per andare, il giorno successivo, a fare un bel pranzetto alla salute di tutti.

Questa originale serenata aveva un andamento piuttosto strano ed alternava, senza apparente nesso, versi in lingua con versi in perfetto dialetto scannese.

Domattina è la Pasquetta,
che sia santa e benedetta;
vengono i Magi dall'oriente
cantano tutti allegramente.
Addulane è la Pasquetta,
t'appenneme la chezetta.
Nen ce mette cherrevone,
ma soltante cose bbone:
de presutte n'affelata,
de secicce na cacchiata,
de vescicchia d'agnielle.
Nu cunijje, na ghellena,
d'ova fresche na duzzena.
Vine assé, me raccumanne
e cumenza bbuone j'anne.

TRADUZIONE
Domattina è la Pasquetta,
che sia santa e benedetta;
vengono i Magi dall'oriente
cantano tutti allegramente.
domani è la Pasquetta,
ti appendiamo la calzetta.
Non metterci carboni,
ma soltanto cose buone:
di prosciutto un'affettata,
di salsicce una corona,
di "viscicchia" il filetto
e un fegato di agnello.
Un coniglio, una gallina,
di uova fresche una dozzina.
Vino, molto, mi raccomando
ed inizia bene l'anno.

Tecanera, lietamente sorpresa, attese con ansia che i cantori, entro le ore dieci del giorno della befana, com'era di tradizione, bussassero alla sua porta. Aveva preparato una damigianella di vino ed una lunga "cacchiata" di salsicce, proprio come avevano chiesto gli arrochiti menestrelli, a nome di Eustachio, purtroppo lontano:

E' Stacchille che t'appenne
la chezetta che 'stu cante.
Tu paure nenn 'avenne
ca te penza sempre tante.

TRADUZIONE

E' Eustachio che ti appende
la calzetta con questo canto.
Tu paura non devi avere
ché ti pensa sempre tanto.

(1) Marco Notarmuzi, Eustachio e Tecanera ovvero le tradizioni popolari di Scanno, ed. Deltagrafica